Naufragio Canale di Sicilia: l’inciviltà dei popoli ‘civili’

Naufragio Canale di Sicilia: l’inciviltà dei popoli che hanno la presunzione di credersi ‘civili’ e che, nella loro mancata civiltà, non riescono proprio a rispondere adeguatamente ad un’emergenza che, fuori dai caratteri propri di un evento emergenziale, è divenuta routine.

Ogni volta che aumenta il numero di morti e dispersi, di pari passo, aumenta la grandezza dei caratteri dei titoli, i termini assumono contorni sempre più drammatici ed il malessere sembra insostenibile; peccato che poi, nel giro di pochi giorni, lo sdegno passi lasciando il posto alla vita di tutti i giorni.

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Il naufragio di questa notte ha dimensioni veramente imponenti se sarà confermato che un numero vicino alle 700 persone avrà perso la vita e, soprattutto, se si pensa che questo è successo per chiedere aiuto. Sembra, infatti,  che il barcone si sia rovesciato a causa dell’imprudenza dell’essersi buttati tutti dalla parte del mercantile accorso per dare soccorso.

Il problema reale non sono solo il soccorso e l’accoglienza per i profughi. Questi sono sì problemi da risolvere ma sono solo la punta dell’iceberg.

Il problema che va risolto a monte è la situazione inumana che si ritrova a vivere chi fugge da guerre e massacri e non solo perché il problema ha dimensioni ben più ingenti.

Le persone che vengono stipate all’inverosimile sui barconi sono una parte di tutti quelli che accorrono sulle spiagge libiche trasformate in lager ed anche questi sono solo una parte di tutti coloro che vivono in condizioni incivili dovute a guerre e soprusi.

Tutti gli appelli pare siano inascoltati ma non è così. Gli appelli vengono ascoltati peccato che poi poco si faccia per mettere fine ai conflitti che insanguinano molta terra d’Africa.

Naufragio 2 - 200Potere e denaro sono i diavoli fomentatori di questa escalation di morte.

Dovremmo chiederci: chi trae profitto da questa situazione?

Trovata la, o meglio, le risposte a questo interrogativo si trovano anche le soluzioni.

Per quanto sia necessario ed anche urgente, questa piaga non si può risolvere solo mettendo a disposizione mezzi di soccorso ed accoglienza. Occorre incidere sulle radici se si vuole salvare la pianta. Occorre stroncare il malaffare che si cela dietro le mentite spoglie delle guerre di conquista, civili o di religione.

Naufragio 3 600

Non so quando, ma so che in tanti siamo venuti in questo secolo per sviluppare arti e scienze, porre i semi della nuova cultura che fiorirà, inattesa, improvvisa, proprio quando il potere si illuderà di avere vinto.
                                                                                      Giordano Bruno

Noi ‘nati per sorridere’ non ci rassegnamo nel limitarci a dire: cosa posso farci?

Possiamo fare e anche molto!

Possiamo continuare sempre più convinti ad essere per la pace e non per la guerra dimostrandolo nella nostra vita di tutti i giorni.

Possiamo vivere e far crescere i nostri figli in un ambiente dove armi e violenza, di qualsiasi genere, non trovano posto.

Possiamo, quando andiamo a votare, non esprimere il nostro assenso per chi continua a pensare che l’unica risposta alla violenza sia la violenza.

Possiamo rimarcare sempre più che una persona non vale per ciò che ha ma per ciò che è.

Possiamo evitare di pensare che per valere qualcosa occorra fare carriera distruggendo la nostra vita personale perché stressati e senza più tempo da dedicare a chi amiamo, figli compresi.

Possiamo imparare a dire ‘no’ se ciò che ci viene proposto è contro il nostro modo di essere e di vivere tagliando le funi che ci legano e rifuggendo postulati dettati dalla società del consumo.

Possiamo creare pensieri di pace ed armonia da diffondere nel mondo.

Possiamo… possiamo fare un sacco di scelte intelligenti e di vera civiltà ma, avremo voglia di farle?

“Se potessimo cancellare l’«Io» e il «Mio» dalla religione, dalla politica, dall’economia ecc. saremmo presto liberi e porteremmo il cielo in terra”.

Mahatma Gandhi

 

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One Comment

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One Comment on “Naufragio Canale di Sicilia: l’inciviltà dei popoli ‘civili’
  1. La vita di ognuno di noi è appesa a un filo. “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”.scriveva Ungaretti per esprimere la consapevolezza della fragilità della condizione umana di chi al fronte, nel freddo delle trincee della prima guerra mondiale, cercava di sopravvivere per tornare ad abbracciare ancora una volta coloro che amavano. Ma quale è la reale differenza tra quei soldati e noi che viviamo in comode e calde case a poche ore di volo da chi sta morendo travolto dalle onde, dalle bombe , dai tornado, da gas inquinanti, dalla fame , dallo sfruttamento, dalle persecuzioni religiose, politiche, etniche …. Quale è la differenza ? siamo tutti nel braccio della morte. La nostra vita ha un termine e, in un modo o nell’altro, prima o poi dobbiamo lasciare il nostro corpo e il mondo fisico. E allora quale è il problema? che differenza c’è tra una morte violenta e una piena di sofferenze in un letto di ospedale? …. la morte è la morte … e il distacco da tutto ciò che abbiamo, da tutto che amiamo prima o poi verrà. Tanto vale cominciare subito a pensarci …. non con un senso di pessimismo o smarrimento ma con curiosità e forse anche con gioia, perché in fondo sappiamo che la “giostra” non finisce qui .. , e allora – come Rumi – ci potremmo chiedere: ” A che serve la mia vita? quale è il senso di tutto ciò? perché sono capitato qui? in questo mondo dove la follia sembra avere il sopravvento ed ogni forma di ragionevolezza essersi smarrita per sempre ?
    Porsi questa domanda e vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo renderebbe la nostra vita ricca e piena di valore perché non rinvieremmo più. nemmeno per un secondo, la possibilità di esprimere l’amore

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