L’ uva e l’ingordigia: Storielle zen del sabato

Un uomo che viveva nelle fredde distese dell’Alaska aveva assaggiato alcuni squisiti chicchi d’ uva dolce che gli aveva spedito un amico di Fresno, in California. L’uomo si innamorò a tal punto dell’ uva che trovò un lavoro a Fresno, dove crescevano in abbondanza tutti i tipi di uva, e lasciò per sempre l’Alaska. L’uomo dell’Alaska, al suo arrivo a Fresno, fu invitato a casa di un amico, e una giovane donna gli portò un grappolo di quell’uva che tanto amava.

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Era quasi fuori di sé dalla gioia e, mentre si affrettava a masticare e trangugiare i chicchi d’ uva, disse con un gorgoglio: «Oh, grazie, dal profondo del mio cuore, grazie. Ho lasciato l’Alaska per questi grappoli d’ uva». «Allora, signore, avrà tutta l’ uva che vuole. Sono la proprietaria di un vigneto e le porterò tutti i giorni uva in abbondanza» disse la donna. Il giorno dopo, all’alba, la giovane si presentò alla porta dell’uomo ghiotto d’uva, con una grande quantità di grappoli. L’uomo, che non aveva ancora digerito tutta l’uva trangugiata la sera prima, uscì di casa sbadigliando. Esultò di gioia al pensiero di rimpinzarsi di tutti quei grappoli d’uva che la donna gli aveva portato. «Oh, che meraviglia avere così tanta uva! Sono davvero fortunato. Grazie, grazie!» esclamò.

Per gentilezza assaggiò qualche chicco d’uva in presenza della donna, nonostante sentisse in bocca il sapore dell’uva che non aveva ancora digerito dalla sera precedente. Quando la giovane se ne andò, l’uomo guardò l’uva con occhi avidi e pieni di ammirazione. Passò un’ora, poi ricominciò a mangiarla. Per tutto il giorno non fece altro che ingozzarsi di uva, uva, uva. Il giorno dopo, al sorgere del sole, la giovane donna si presentò con una quantità ancora maggiore dei grappoli migliori del suo vigneto e chiamò a gran voce l’uomo dell’Alaska. Mezzo addormentato, con un entusiasmo leggermente smorzato e una punta di irritazione per essere stato svegliato dal sonno profondo, ma con un sorriso cortese sul volto, l’uomo accolse i grappoli e la donna: «Salve, gentile signora, grazie per questi stupendi grappoli d’uva». Il terzo giorno, come al solito, la donna gli portò una grossa quantità d’uva.

L’uomo, mezzo addormentato e con un mezzo sorriso, la salutò e le disse: «Signora, è molto gentile da parte sua offrirmi questi grappoli d’uva, ma ne ho ancora un po’ di quelli di ieri». Il quarto giorno, la donna andò nuovamente a trovarlo con una grande quantità d’uva. L’uomo si svegliò controvoglia e la salutò senza un sorriso, dicendo: «Oh, ancora uva! È molto gentile da parte sua portarmela, ma ne ho a sufficienza». La donna, tuttavia, non credendogli e pensando che non volesse approfittare della sua generosità, il quinto giorno gli portò più uva che mai e bussò alla sua porta. L’uomo saltò fuori dal letto come se avesse visto un fantasma e urlò: «Che orrore! Uva, uva e ancora uva! Mio Dio, ancora uva!». La donna sorrise e gli disse: «Mi fa piacere sapere che odia l’uva. Spero che non mi priverà mai più dei miei preziosi grappoli».

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Considerazioni personali:

In questa significativa storia del Maestro Yogananda, traspare l’errore che si commette nel compiere qualsiasi eccesso.

Qualsiasi cosa legata ai sensi, per quanto piacevole possa essere se consumata con moderazione, diventa deleteria nel momento in cui si esagera nel suo uso.

Quindi mai esagerare con qualsiasi cosa: il cibo, il sonno, il sesso, le attività sociali, i divertimenti, per quanto piacevoli possano essere, abusarne porta inevitabilmente infelicità, in quanto vanno a scompensare qualche altro aspetto vitale della nostra esistenza. Provare per credere.

C’è anche un simbolismo legato alla nutrizione, a quei cibi che si preferiscono o che si rifiutano. L’ingordigia simbolizza il voler avere ed il voler introdurre, quindi, espressione palese di bramosia.

Come tutti ben sanno, l’ingordigia per i dolci rappresenta la “fame d’amore”, quindi, chi ha carenza d’amore/affetto, ne ingurgita in eccesso.

Ma in questa storia si manifesta prepotentemente un’altra considerazione: la relazione tra cibo, stomaco, emozioni, sintomi e  tutto ciò che li lega.

Nell’ingordigia eccessiva si ritrovano tutti i disagi di colui che tende alla dipendenza affettiva. Quindi, lo stomaco si fa carico ti tutto ciò che riguarda i nutrimenti di diversa natura: materiale, affettivo, emozionale e mentale.

Un mio piccolo suggerimento: non iniziate mai a mangiare dopo aver litigato con qualcuno o quando siete emotivamente disarmonici. Inoltre, evitare di mangiare in compagnia di persone sgradevoli con le quali vi sentite a disagio.

Gli alimenti introducono nel nostro stomaco le emozioni ed i sentimenti con i quali sono momentaneamente associati. Pertanto, bisogna tener sempre presente che lo stomaco non si ammala solo per il tipo di cibo ingerito ma soprattutto per la qualità delle emozioni e dei sentimenti del momento.

A tal proposito Gesù amava dire:  «Ascoltate e intendete! Non quello che entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l’uomo!». (Matteo 15, 10-11)

Le gastriti e le ulcere infatti, segnalano l’abitudine e inghiottire anche le cose che non vanno, come se lo stomaco fosse costretto ad una lenta digestione della rabbia.

Se una persona non riesce a trasmutare la propria aggressività e continua a reprimerla “ingoiandola”, potrebbe manifestare questo suo modo di vivere attraverso la gastrite, il reflusso, acidità di stomaco. Chi si ammala di questi sintomi non esprime la propria aggressività ( ingoia) o la esprime in maniera esagerata. Entrambi i vissuti sono in disarmonia con le leggi universali e l’Anima lo comunica attraverso il sintomo.

Già nel 1500 Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim detto Paracelsus o Paracelso (Einsiedeln, 14 novembre 1493 – Salisburgo, 24 settembre 1541), scienziato, medico, naturalista, alchimista, filosofo e Maestro, paragonava lo stomaco ad un laboratorio alchemico in quanto brucia il cibo, lo trasforma e ne ricava gli elementi essenziali. E questo spiega tutto quanto abbiamo detto prima.

Ed ora per concludere, alcuni detti popolari che contengono, nei significati simbolici, la saggezza antica dei nostri avi: “quella persona mi sta sullo stomaco”, “quella non posso proprio digerirla”, “non riesco a mandarlo giù”oppure “quante ne ho mandate giù”.

abbraccio di luce 600

Un abbraccio di Luce buon fine settimana per tutti

Giuseppe Bufalo

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