I messaggi di Vasco

L’anno scorso Vasco Rossi ha lanciato “L’uomo più semplice”.

Bella canzone, piacevole.

Un uomo vuole convincere una donna a stare con lui una sera e si presenta come un
uomo buono, semplice, proprio l’uomo giusto per lei. Se la si ascolta anche solo
superficialmente, però, il messaggio che arriva è né più né meno il “gaudeamus igitur” di
goliardica memoria: “godiamoci la vita adesso finché possiamo, perché poi ci aspetta la
tomba”. Messaggio ripetuto recentemente dalla canzone di Noemi “Don’t get me wrong”, in
cui anche lei vuole convincere, come Vasco, un partner a stare con lei: “Non ho mai
saputo decidere cosa fosse meglio per me, ma ora, ora, è solo tempo da vivere poi
saremo polvere.“

Canzoni che mi rievocano gli epigrammisti greci pre-cristiani, in particolare Asclepiade di
Samo, e il suo lamento per un amore non corrisposto, che si conclude con “Beviamo,
sfortunato amante. Fra poco, infelice, la lunga notte dormiremo”.

Nella canzone di Vasco, però, ci sono altri messaggi. Dopo essersi presentato come
buono ed affidabile, l’uomo aggiunge: “Facciamo bene a stare insieme stasera/
Facciamo bene perché è sabato sera/facciamo bene, facciamo bene perché/c’è l’occasione
e l’atmosfera.”
I messaggi di Vasco - frogL’atmosfera “giusta” favorisce un incontro d’amore, anche se le persone non si conoscono.
Mi ricordo un partecipante a Uomini e donne che qualche anno fa criticava una ragazza
(probabilmente un’aspirante al tronista di turno) con queste parole: “Certo è che se tu non
sai creare l’atmosfera per farti dare un bacio…”

Come se le persone fossero degli automi:
c’è il tramonto sul lago, tac! Scatta il bacio; c’è il fuoco nel camino, tac! Scatta il sesso selvaggio sul tappeto… Il bacio non è più espressione né di sentimento né di attrazione ma conseguenza di una messinscena, di un condizionamento.

Se la ragazza non si lascia condizionare facilmente, “l’uomo semplice“ tira fuori un’altra
argomentazione da consumato imbonitore di televendite: “Si… facciamo bene perché/
siamo vivi/domani chi lo sa?”
Approfitta, ragazza, dell’occasione, perché potrebbe non ripresentarsi; comperate, signori,
il materasso ultra comodo risanatore delle schiene artrosiche finché c’è l’offerta
promozionale!
Dopo averla allettata pavoneggiandosi, angosciata col timore di perdere un’occasione di
godimento, spaventata agitandole davanti agli occhi lo spauracchio della morte il vecchio
predatore che fa? Aggiunge: “Te la prendi tu la responsabilità?”

Capolavoro: insinua il senso di colpa!

Questa è una tecnica di base dell’arte manipolatoria:
si cerca di creare un conflitto nell’animo dell’altro, in modo tale che questi si senta in difetto qualunque cosa scelga. La tensione che si crea è insopportabile e il manipolatore ha buon gioco a risolverla in suo favore. La ragazza in questione sbaglia comunque: se lo rifiuta si sente in colpa verso se stessa per non aver colto l’occasione per esperire qualcosa
di diverso e che immagina bello, visto il modo con cui lui si è presentato; se accetta, si
sente in colpa in base all’educazione ricevuta ed assimilata (se così non fosse, lui non avrebbe avuto bisogno di manipolarla tanto per convincerla). Il conflitto indotto, però,
svanisce subito se si riconosce l’intento manipolatorio dell’altro. Nessun senso di colpa o
difetto può nascere di fronte a un predatore riconosciuto come tale, perché prevale l’istinto
di sopravvivenza che spinge a darsela a gambe.

Di tutti i messaggi, quello che è entusiasticamente ripetuto è il “gaudeamus igitur”, visti i
commenti che si leggono su Internet “Grande carica energetica! Sei forte Vasco!!!!! “ ma
non si pensi che non arrivino anche gli altri, e che il bel soggetto della canzone venga
riconosciuto come tale…
Nell’ultima canzone “Dannate nuvole”, invece, il messaggio è altamente filosofico. Il
gaudente, in un momento di stanchezza o di malessere, ricorda che tutto ha una fine, ma
non rinuncia a predicare e a recitare la parte del vecchio saggio; si rivolge quindi a
qualcuno – probabilmente a se stesso, ma il pubblico lo sente rivolto a sé – e lo rimprovera
di non voler accettare la caducità della vita. Con chitarre e strumenti elettronici che
producono la consueta musica accattivante ripete non solo il “panta rei” (tutto scorre, non
ci si può bagnare due volte nello stesso fiume) di Eraclito, ma anche lo slogan nichilista:
“Non esiste niente/solo del fumo/niente di vero/niente è vero, niente è vero/e forse lo sai”.

A me viene in mente l’aneddoto del discepolo Zen che, pensando di aver capito tutto,
affermò davanti al maestro che nulla esiste poiché il mondo percepito e gli esseri che lo
abitano sono un’illusione della mente. Il maestro gli diede una bastonata sulla zucca e
replicò: “Se nulla esiste, da dove viene questa tua collera?”
A Vasco basterebbe dire: “Non esiste niente, tranne i soldi che guadagni dicendo che nulla
esiste”.

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